Paolo Natali
Paolo Natali


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Aprile 2006

Cari amici,


questo mese il mio commento politico è dedicato alla situazione nazionale, come ci è stata consegnata dall’esito delle elezioni del 9 e 10 aprile scorsi.


La vittoria del centrosinistra, come sappiamo, è stata di stretta misura alla Camera (resa più efficace in termini di seggi dal premio di maggioranza nazionale) mentre al Senato l’Unione, pur sconfitta nel numero totale dei voti, è riuscita ad avere un lieve vantaggio di seggi grazie al computo dei premi regionali ed al voto degli italiani all’estero. Va detto comunque che se per la Camera si fossero computati anche i voti di Valle d’Aosta e Trentino Alto Adige e quelli dei collegi esteri, la vittoria dell’Unione sarebbe stata di circa 300.000 voti e non dei “famosi” 24.000.


Il sistema elettorale voluto dal centrodestra per creare difficoltà all’Unione, rivelatosi realmente quello che con sincerità Calderoli aveva già riconosciuto, ha imprevedibilmente giocato un brutto scherzo agli “apprendisti stregoni” della Casa delle libertà.


Al di là di ciò, è auspicabile che il nuovo Parlamento, su iniziativa del governo Prodi, ci liberi al più presto da questa legge elettorale che, tra tutti i difetti, annovera anche quello di non disincentivare i “ribaltoni”, nel senso che lascerà ai partiti dell’Unione  il premio di maggioranza assegnato loro alla Camera, anche in occasione di un eventuale e deprecabile cambio di coalizione.


Non sarà facile mettersi d’accordo su una nuova legge elettorale sulla quale (questo almeno è scritto nel programma del centrosinistra) trattandosi di una regola del gioco democratico, si dovrebbe ricercare anche il consenso del centrodestra, il che, visti gli esiti imprevedibili di questo sistema elettorale, potrebbe non essere poi così difficile……


E’ mia opinione che una nuova legge elettorale dovrebbe recuperare in tutto, o almeno  in larga parte, lo spirito del maggioritario, favorendo in ogni caso un legame tra candidati e territorio e riaffidando agli elettori, anche attraverso elezioni primarie, il potere di scelta dei candidati stessi.


E ancora: un nuovo sistema elettorale dovrebbe essere coerentemente funzionale al bipolarismo, evitando compromessi a conti fatti equivoci come quelli insiti nell’attuale sistema, proporzionale ma con premio di maggioranza.


I pregi del bipolarismo  superano di gran lunga i suoi difetti, anche se va riconosciuto che un bipolarismo non tra due grandi partiti alternativi, ma tra due coalizioni frammentate e composte ciascuna da molti partiti presenta inconvenienti e problemi non di poco conto.


Il nostro sistema insomma avrebbe bisogno di una semplificazione, attraverso una riduzione del numero dei partiti.


Nel centrosinistra questo significa dare vita all’Ulivo-Partito Democratico.


Credo di non aver bisogno di spendere una sola parola per convincere chi ha la bontà e la pazienza di leggermi, della necessità di dare vita a questa nuova formazione politica che ha mostrato alle recenti elezioni di riuscire a coagulare poco meno di un terzo degli elettori italiani.


Mi preme tuttavia sottolineare l’assoluta necessità che la nascita del Partito Democratico non avvenga come frutto del semplice accostamento di D.S. e Margherita, attraverso un’operazione tutta pensata e gestita dai vertici dei due partiti.


E’ indispensabile che questo processo coinvolga in modo determinante anche i cittadini non iscritti o che non si riconoscono in questi due partiti, ma che hanno votato per l’Ulivo alle ultime elezioni: mi riferisco al popolo delle primarie e ad esponenti della società civile.


Se non sarà così (e questo dipenderà dalla forma partito che il P.D. avrà e dai meccanismi di selezione degli organi dirigenti a tutti i livelli) si sarà perduta un’occasione importante e forse irripetibile per rinnovare il sistema politico italiano.


Non si dovrebbe inoltre trascurare di accompagnare la nascita del P.D. con un lavoro approfondito e diffuso d’incontro e confronto delle diverse culture ed ispirazioni che sono chiamate a riconoscersi in esso: il cattolicesimo democratico, il socialismo, la democrazia liberale e l’ambientalismo. E questo non soltanto attraverso un confronto sui valori, ma anche sulle scelte politico-amministrative che rappresentano la declinazione pratica delle diverse idealità.


Solo così sarà possibile dare un’identità al P.D., un partito plurale ma capace di sintesi tra le diverse culture che si riconosceranno in esso, disposte ad un confronto e ad una reciproca fecondazione.


Questo, a ben vedere, non è avvenuto nemmeno alla nascita della Margherita ed ha rappresentato e rappresenta tuttora, a mio avviso, un limite di questo partito nel quale pure mi sono fin qui riconosciuto.


E che dire rispetto ad un’auspicabile semplificazione anche nel campo del centrodestra ?


Il mio personale convincimento (che è anche un auspicio) è che questo passi attraverso l’uscita di scena di Berlusconi (anche se non so prevederne i modi e le cause) e l’affermazione di una nuova leadership. Mi pare che solo questo potrebbe aiutarci a tornare ad essere un “paese normale”, con avversari (e non nemici) politici, dove ci si preoccupa di affermare le proprie ragioni (e non di delegittimare con la menzogna e con l’insulto quelle altrui), dove alla base del confronto politico ci sia comunque il rispetto delle regole democratiche e delle garanzie costituzionali.


Se Berlusconi continuasse, come ha minacciato, nel suo irresponsabile ed inquietante atteggiamento post-elettorale (in continuità con quello pre-elettorale che, purtroppo, ha pagato) ci sarebbe da essere fortemente preoccupati per le imprevedibili conseguenze che ciò potrebbe avere sul nostro sistema democratico.


E’ davvero auspicabile, in tal senso, una svolta radicale, spontanea o provocata dalle forze politicamente più mature della Casa delle libertà.


                                                                                                                            


Poche parole sulla situazione locale (mi riferisco al Comune).


Qui una certa semplificazione si è in un certo qual modo realizzata, almeno nel centrosinistra, non in senso formale ma sostanziale.


I 5 consiglieri di Rifondazione comunista dei Verdi e del Cantiere sono da tempo riuniti in una sorta di cartello che si è autodenominato “l’altra sinistra” e, pur facendo parte, nominalmente, della maggioranza, assumono sovente comportamenti tipici dell’opposizione, esprimendo voto contrario a delibere, presentando ordini del giorno di taglio critico e, soprattutto, dando appoggio, a prescindere, a comitati e gruppi di cittadini scontenti dell’operato dell’Amministrazione.


DS e Margherita continuano in modo unitario nel proprio appoggio sostanziale alla politica della Giunta Cofferati, pur non privo in taluni casi (come peraltro fisiologico) di qualche segnale di dissenso o di riserva su singole scelte di questo o quell’assessore.


E’ auspicabile che questa situazione, di evidente tensione politica, possa cambiare, da un lato attraverso un più intenso rapporto tra i partiti di maggioranza, che affronti con coraggio i nodi più critici dell’agenda politico-amministrativa della città, dall’altro attraverso un rapporto più stretto (fino ad oggi episodico e poco efficace) tra maggioranza e Giunta, anche in vista della verifica di metà mandato che si avvicina e che dovrà vedere anche il coinvolgimento di associazioni e movimenti della società civile, come avvenne durante la campagna elettorale.


E’ evidente che un miglioramento dei rapporti tra “l’altra sinistra” e la Giunta è legato anche ad un coinvolgimento (ed alla conseguente assunzione di responsabilità di governo) di rappresentanti di questa componente nell’esecutivo cittadino, ma ciò richiederà ancora qualche tempo in quanto a tal fine è necessaria una modifica statutaria.


Al di là di ciò, comunque, sembra non più rinviabile un chiarimento politico che valga a recuperare la componente di estrema sinistra della coalizione a logiche più di governo che di lotta, ma ciò richiede paziente determinazione, evitando inutili provocazioni e polemiche personali.


 

Insomma ancora una volta sia a livello nazionale che a livello cittadino si richiede alla sinistra, in tutte le sue componenti, la capacità di esprimere nei fatti una tensione unitaria, per evitare fratture e divisioni che gli elettori difficilmente (e giustamente) potrebbero perdonare.

inviato il 27/04/2006 18:43:05

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