Paolo Natali
Paolo Natali


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Giugno 2006

Questo mese ci consegna una serie di avvenimenti che cercherò di commentare brevemente.


Innanzitutto il Referendum costituzionale, che ha bocciato senza incertezze (ma non ci saranno stati brogli, anche questa volta ?) la riforma votata dal centrodestra.


Penso che la mobilitazione e l’impegno di tanti abbiano prodotto questo importante risultato, che acquista maggior valore a causa della larga e consapevole partecipazione al voto.


Dobbiamo dire che il Referendum è stato l’occasione per una riflessione ed una presa di coscienza sul significato della nostra Costituzione, sui suoi valori fondativi e (per il futuro) sulle modalità per una sua parziale modifica ed adeguamento.


Speriamo che le forze politiche, almeno quelle dell’Unione, abbiano appreso la lezione che i cittadini, attraverso il voto, hanno voluto dare.


Il risultato, come peraltro gli esiti delle consultazioni amministrative di primavera, rafforza indubbiamente il governo di centrosinistra che ne ha molto bisogno, in presenza di una situazione dei conti pubblici che richiede misure impopolari, di una maggioranza risicata al Senato e di continue fibrillazioni da parte dell’ala sinistra della coalizione.


D’altro canto le ripetute sconfitte elettorali hanno accentuato le divisioni all’interno del centrodestra (se il Partito Democratico non ha davanti a sé un cammino in discesa, il Partito delle libertà appare sempre più una chimera….).


 


A proposito del Partito Democratico credo che si debba procedere senza indugi, senza trascurare i confronti che possano servire a dissipare timori e diffidenze: il percorso deve essere avviato insieme dal vertice e dalla periferia e coinvolgere, oltre alle forze politiche aderenti (a partire da DS e Margherita) quella parte( la più ampia possibile) del popolo delle primarie che si riconoscerà nel progetto. Progetto che dovrà caratterizzarsi attraverso elementi di novità e di discontinuità con il “vecchio modo di fare politica”, che invece di attrarre allontana i cittadini. Ad esempio credo che si dovranno “inventare” modalità di partecipazione e di adesione alla vita politica, intermedie tra la tradizionale iscrizione ai partiti ed il voto nelle consultazioni elettorali, dosando ovviamente diritti e doveri, poteri e responsabilità.


I partiti fondatori faticano oggettivamente a procedere verso un obiettivo che richiede di mettere seriamente in discussione le proprie logiche interne rispondendo ai bisogni espressi dagli elettori dell’Ulivo (cito Gad Lerner da Repubblica di oggi 1 luglio), di “attivismo civico, controllo democratico, democrazia partecipata, allargamento dello spazio politico alle donne e ai giovani, protagonismo nella selezione della classe dirigente, ricambio della rappresentanza”.


 


Sul piano locale non posso ignorare le recenti dimissioni di Giuseppe Bacchi Reggiani (al quale va il mio ringraziamento ed apprezzamento per l’impegno qualificato e disinteressato di questi 18 mesi) dalla carica di coordinatore provinciale della Margherita.


Questo partito, nato dall’incontro di componenti ideali e storie politiche diverse e che trova la sua ragione di esistere nella costruzione di una più ampia unità nel segno dell’Ulivo, non è stato fin qui all’altezza di questo compito, anche nella nostra città. Le dimissioni di Bacchi rappresentano infatti l’onesta presa d’atto di una situazione che vede la presenza nel partito di diverse anime, delle quali peraltro non è facile individuare con chiarezza i contorni ideali, identitari e politici, ma soltanto i legami personali di amicizia o di ostilità e sospetto.


E’ auspicabile che si giunga al più presto ad un Congresso che, dopo un franco dibattito sui contenuti e sugli obiettivi politici futuri, individui con chiarezza una linea politica, meglio se unitaria ma comunque maggioritaria, e le donne e gli uomini che s’impegnano a portarla avanti.


 


Infine un cenno ad un tema che ha riempito in questi giorni le cronache dei quotidiani locali. Mi riferisco alle manifestazioni del Gay pride, della Street rave parade (che si sta svolgendo proprio mentre scrivo queste righe) ed alle altre iniziative che queste hanno inteso contrastare.


La mia opinione al riguardo è che non si debbano confondere i piani ed i punti di vista dai quali si osservano questi fatti.


C’è un livello personale, di adesione o di lontananza, rispetto al messaggio che sottende tali manifestazioni, ed alla cultura che esse esprimono.


Per chi, come me, si sente totalmente estraneo ad esse, si pone il problema delle cause di tali distorsioni etiche e valoriali e di cosa si possa fare per contribuire a limitarne l’impatto sociale negativo. Non credo che serva la repressione. E’ in atto da anni una deriva culturale che dovrebbe interrogare in senso autocritico le principali agenzie educative del nostro paese, come la famiglia, la scuola, la Chiesa stessa.


Infine, soprattutto per chi ha responsabilità politiche ed amministrative, si tratta di decidere quale atteggiamento assumere rispetto allo svolgimento di tali manifestazioni: è assolutamente necessario che esse possano svolgersi senza arrecare alla città ed ai suoi abitanti danni e disagi inaccettabili


Mi sembra allora, per stare all’attualità, che quest’anno si sia giunti, a seguito di una lunga trattativa, ad un accordo positivo. Ciascuno dei protagonisti (amministrazione comunale ed organizzatori) ha dovuto rinunciare a qualcosa rispetto ai propri obiettivi iniziali, come sempre capita in questi casi.


D’altro canto non faceva così anche Guazzaloca, e con risultati anche inferiori, visto che il Rave passava anche per il centro storico? Si fa davvero fatica a comprendere le speculazioni politiche del centrodestra da questo punto di vista.


Vedremo domani come saranno andate le cose, ma al momento questo mi pare di dover dire.


E l’anno prossimo si dovrà fare tesoro, in ogni senso, di questa esperienza.


 

inviato il 01/07/2006 18:50:27

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