Paolo Natali
Paolo Natali


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Luglio 2007

Quale tema trattare questo mese, prima dell’interruzione di agosto dei lavori del Consiglio?


Non c’è che l’imbarazzo della scelta, tra temi nazionali (il Referendum, la riforma delle pensioni, le candidature per la segreteria del P.D.) e locali (fibrillazioni varie in maggioranza e, ancor più, all’interno dell’opposizione).


Alla fine ho scelto di approfondire e ad argomentare le mie opinioni su quell’insieme di aspetti e di problemi che vanno sotto il nome di “costi della politica”: se n’è parlato molto nelle ultime settimane, perché esso tocca in profondità, e giustamente, la sensibilità dei cittadini, ed io mi sento parte in causa, anche perché quest’ultima ripresa di attenzione sul tema ha preso spunto dalla riunione di lunedì 16 luglio scorso della Commissione Territorio Ambiente e Infrastrutture del Comune, che ho il compito di presiedere, durata soltanto venti minuti ed alla quale hanno partecipato formalmente, firmando e percependo il relativo gettone di presenza, trenta Consiglieri, mentre quelli che hanno partecipato sostanzialmente (per tutta la durata dei lavori) sono stati non più di dieci.


Il rischio principale che vedo, e che vorrei provare ad evitare con queste osservazioni che vi propongo, è da un lato quello della semplificazione (“è tutto un mangia-mangia”) dall’altro quello della difesa ad oltranza della situazione esistente, magari cercando, per giustificare la propria condizione, di additare altre e più macroscopiche “magagne”, che non è mai difficile individuare.


 


Intanto ci sono due aspetti che è bene, a mio avviso, tenere distinti nell’analisi, anche se poi concorrono entrambi al formarsi dell’opinione dei cittadini.


Il primo è quello dei costi della politica in senso stretto.


La domanda da cui partire è: “E’ giusto o no che chi svolge un’attività politica e amministrativa percepisca un compenso per tale attività ?” Infatti, se si riescono a creare le condizioni per evitare che il tempo dedicato a tale attività (molto, ve l’assicuro, nella maggior parte dei casi) procuri un danno alla condizione lavorativa e retributiva di chi la svolge e si risarciscono le spese connesse, potremmo anche eliminare totalmente indennità, gettoni, e compensi vari, affermando che siamo nell’ambito di un’attività socialmente meritoria ma volontaria. Non lo dico  come paradosso: credo che l’affermazione , nella sua radicalità, sia ragionevole.


Il fatto è che le condizioni dei politici sono tante, e assai diverse l’una dall’altra: c’è chi studia, chi non ha un lavoro, chi ha un lavoro dipendente di maggiore o minore responsabilità, chi svolge una libera professione o è lavoratore autonomo e chi, come me, è in pensione: a tale diversità di condizione dovrebbero quindi corrispondere trattamenti differenziati, tenendo anche conto del tempo dedicato all’attività politica, che non è lo stesso per un amministratore che svolge compiti esecutivi (al governo, in regione, in un comune piccolo o grande) o per un parlamentare o consigliere (anche qui con differenze notevoli da caso a caso).


Nell’evidente impossibilità di poter corrispondere compensi così personalizzati si rende necessario prevedere dei compensi forfetari, commisurati al presumibile impegno che l’attività politica comporta.


L’attenzione si sposta allora sull’entità di tali compensi, che sono a mio avviso molto, troppo elevati,soprat se paragonati ai livelli retributivi medi, esistenti nel paese.


Su questo ritengo urgente un provvedimento generale di riduzione, senza il quale il sentimento popolare di ostilità nei confronti dei politici e, cosa ancor più grave, della politica, è destinato a crescere sempre di più. Sentimento questo alimentato ed esasperato dagli episodi di assenteismo sostanziale, come quello dell’altro giorno, episodi che non possono trovare giustificazione, ma che, nella situazione attuale, non è facile arginare con strumenti tecnici.


Stabilire che il gettone è percepito solo da chi è presente ininterrottamente dal principio alla fine di una seduta (e non solo da chi firma all’inizio ed alla fine)?


Sostituire il gettone con un’ indennità, sia pure condizionata ad una verifica meno stringente delle presenze (potendo in tal modo modulare la retribuzione rispetto alla funzione svolta, che non è uguale per tutti i consiglieri: i capigruppo ed i presidenti di commissione hanno impegni e responsabilità aggiuntive)?


 


L’attenzione è portata a spostarsi così sul secondo aspetto del problema e cioè la qualità, oltre alla quantità dell’impegno politico.


Intendo riferirmi non solo all’impegno personale, che non può misurarsi solo con la presenza fisica ma anche con la quantità e la qualità dei prodotti politico-amministrativi (interventi in Commissione e Consiglio, Ordini del giorno presentati, ricchezza delle relazioni intrattenute con i cittadini ecc.), ma anche al contributo dato alla funzionalità, efficacia ed efficienza del lavoro politico-amministrativo.


Su questo aspetto consentitemi qualche notazione personale, dal momento che le polemiche di questi giorni hanno riguardato anche il fatto che la mia Commissione, il 16 luglio, si è riunita per trattare una sola delibera ed è durata troppo poco.


Vorrei fare presente che l’ordine del giorno delle sedute è il risultato di un insieme di fattori: rispetto delle norme del Regolamento, disponibilità congiunta di tutti i soggetti (Assessori, dirigenti, cittadini che chiedono udienze conoscitive, consiglieri presentatori di Odg ecc) la cui presenza è indispensabile per la trattazione di un oggetto, ritmi di lavoro della Giunta che licenzia delibere che, talvolta, debbono essere istruite per il Consiglio con procedura d’urgenza, come nel caso della delibera in questione, che riguardava una variante urbanistica necessaria alla realizzazione di una scuola nel Quartiere Reno.


Sta poi alla sensibilità discrezionale del Presidente di Commissione, alla luce di tutto ciò, decidere quali e quanti oggetti iscrivere all’ordine dei lavori di una seduta, la cui durata comunque, non è mai predeterminabile, in quanto dipende a sua volta da una serie di elementi non facilmente prevedibili (quanti consiglieri prenderanno la parola? Quali problemi solleveranno? ecc.ecc.).


Forse gli argomenti trattati in alcune sedute sono di dubbia utilità, non tanto per il tema trattato in sé, quanto per il valore aggiunto arrecato all’ attività istituzionale.


 


Detto ciò non v’è dubbio che la produttività dei lavori delle Commissioni e del Consiglio, intesa come rapporto tra risultati prodotti (peraltro, come detto, non facili da misurare, in termini di quantità e di qualità del lavoro politico-amministrativo) e costi sostenuti, deve essere sempre più al centro della nostra attenzione. Nel caso che è stato al centro delle polemiche il problema a mio giudizio non era tanto legato al risultato prodotto (una delibera importante istruita in tempi brevi) quanto ai costi “gonfiati” dalle presenze fittizie.


 


Faccio presente, infine, che la Commissione che presiedo sta svolgendo da tre anni, spero efficacemente, il lavoro che nel precedente mandato era svolto da due Commissioni distinte, che utilizzavano pertanto il doppio del personale di Segreteria che coadiuva molto bene il mio lavoro ed al quale va la mia sincera gratitudine.


 


Non so se sono riuscito a fornire qualche elemento di riflessione utile.al formarsi di opinioni meditate su una questione grave, complessa e che non ammette, a mio avviso, comode semplificazioni. Sarò lieto di raccogliere vostre considerazioni alle quali, come sempre, cercherò di rispondere.


 


Paolo


 

inviato il 22/07/2007 17:05:28

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