Grazie. L'8 dicembre di quarant'anni orsono Papa Paolo VI celebrava la
chiusura del Concilio Vaticano Secondo, del quale Giovanni XXII con
discernimento profetico aveva soprendentemente annunciato la convocazione
il 25 gennaio del '59 e che lo stesso Papa Roncalli aveva aperto l'11
ottobre del '62. Mi pare doveroso ed opportuno fare memoria in questo
consesso che riunisce credenti, donne e uomini di buona volontà, di un
evento che ha segnato in modo indelebile la storia della seconda metà del
secolo scorso e che continua tuttora ad influenzare la vita della chiesa e
dell'umanità tutta intera, come cercherò di ricordare in questo pur breve
intervento. Erano gli anni '60, segnati da gravi tensioni politiche
nazionali ed internazionali, dalla paura per un conflitto nucleare, ma
anche dalle speranze che trovavano eco nell'enciclica Pacem in terris, ed
ai fermenti ed alle attese di rinnovamento della società e della chiesa
che il Concilio Vaticano II seppe interpretare.
Diversi dei presenti hanno l'età per essere stati testimoni diretti e
partecipi del clima di quegli anni, ed in particolare Bologna visse il
Concilio da protagonista, non soltanto per il ruolo decisivo svolto dal
Cardinal Lercaro, arcivescovo della nostra città, ma anche per la presenza
attiva di monsignor Bettazzi, vescovo ausiliario di Bologna, per l'apporto
determinante di Don Dossetti, che aveva lasciato da pochi anni il suo posto
tra questi banchi, del professor Alberigo e degli studiosi della cosiddetta
Officina Bolognese e di Raniero La Valle, che dalle pagine dell'Avvenire
d'Italia, autorevole quotidiano cattolico bolognese, seppe essere fedele ed
acuto commentatore ed interprete del clima conciliare. Inoltre, in 280
giorni di lavori assembleari nell'arco di 3 anni vennero prodotti numerosi
documenti, frutto di un intenso ed appassionato lavoro non scevro da
tensioni e polemiche. Fu un Concilio prevalentemente non dogmatico,
preoccupato cioè di ribadire o denunciare verità di fede, ma ecumenico,
cioè animato dal desiderio della chiesa cattolica, quasi nuova pentecoste,
di stabilire rapporti più fraterni e di dialogo con le altre confessioni
cristiane e con le grandi religioni monoteiste, in particolare con i
fratelli maggiori dell'ebraismo, e pastorale, vale a dire impegnato
principalmente nel ridefinire un nuovo sistema di relazione all'interno
della chiesa fondato sulla collegialità episcopale, sulla categoria del
popolo di Dio ed un nuovo atteggiamento della Chiesa nei confronti del
mondo contemporaneo - tornerò tra poco su questo aspetto. Particolare
attenzione fu poi dedicata al ruolo dei credenti laici, ai quali venne
riconosciuta nelle realtà temporali, autonoma responsabilità per un'azione
animata da una coscienza cristianamente ispirata. Ma le acquisizioni forse
di maggiore importanza per la vita della chiesa sono legate alla riforma
liturgica di cui Lercaro fu protagonista indiscusso con il recupero delle
lingue nazionali al posto del latino e il celebrante rivolto all'assemblea
ed il rilievo centrale dato all'ascolto della parola di Dio attraverso la
Bibbia tutta intera, antico e nuovo testamento. Furono novità che resero e
rendono ancora oggi la chiesa del post concilio radicalmente diversa da
quella di quarant'anni or sono. Vorrei concludere, dato che ci troviamo in
un contesto civile e non ecclesiale, con alcuni brevi spunti tratti dalla
Gaudium et Spes, la Costituzione sulla chiesa nel mondo contemporaneo,
approvata appena il giorno prima della chiusura del Concilio. La chiesa, vi
si afferma, ha sentito il bisogno di conoscere, di avvicinare, di
comprendere, di penetrare, di servire, di evangelizzare la società
circostante e di coglierla, quasi di rincorrerla nel suo rapido e continuo
mutamento. Essa si incarna nella storia e cammina con il mondo, facendo
proprie le gioie e le speranze che rappresentano il titolo del documento,
le tristezze e le angosce degli uomini d'oggi, sentendosi realmente e
intimamente solidale con il genere umano e con la sua storia. Da questa
interrelazione tra chiesa e famiglia umana, scaturisce il dovere di
scrutare i segni dei tempi e di interpretarli alla luce del Vangelo, per
individuare non solo quanto la chiesa ha da dare al mondo, ma anche quanto
ha da ricevere da esso. Così il Concilio continua ad essere oggi una
sorgente per la chiesa e l'intera famiglia umana, e in un momento come
quello attuale caratterizzato dal risorgere di steccati e di barriere che
si speravano eliminate per sempre, la lezione di dialogo e di ascolto
reciproco del Concilio conserva intatta la sua attualità e validità.
Grazie.
inviato il 20/12/2005 18:30:38