Paolo Natali
Paolo Natali

 

Giugno 2008

Le vittorie ed i successi infondono entusiasmo, slancio e fiducia.
Le sconfitte ed i fallimenti alimentano delusione, sfiducia e ricerca delle responsabilità, trovate di solito lontano da sé, negli altri.
Questo capita nella vita personale, negli affari, nello sport ed anche nella politica.
Il P.D., dopo la pesante sconfitta nelle elezioni politiche (una sconfitta peraltro prevista ma che si è sperato fino all’ultimo di riuscire ad evitare grazie ad una buona campagna elettorale), nelle comunali di Roma e nelle amministrative in Sicilia, vive una situazione d’incertezza e di confusione, che può evolvere nel senso di un rilancio e di un recupero delle ragioni che ne hanno motivato la nascita, oppure arretrare e rifluire verso il passato, sia che esso significhi la separazione dei due partiti fondatori o (più probabilmente) una Cosa 3 o 4 (confesso che ho perso il conto) dalla quale sbarcheranno i molti delusi.
Francamente non me la sentirei di scommettere su nessuna delle due ipotesi: il cuore mi spinge a propendere per la prima (alla quale cercherò di dare, per quel che posso, il mio contributo); ma la ragione mi fa anche vedere tanti fattori che possono propiziare la seconda.
Tutto dipenderà, penso, da come e cosa il P.D. (che non ha ancora compiuto un anno) vorrà “fare da grande”, cioè quale identità vorrà assumere (compito difficile per un partito plurale) e quale opposizione vorrà fare al governo Berlusconi.
I due aspetti sono evidentemente legati fra loro ma per comodità li terrei separati.
Non c’è dubbio che chi si aspettava di entrare non solo in un nuovo partito ma in un partito nuovo e democratico davvero, come primo e non definitivo risultato del progetto dell’Ulivo, abbia molte ragioni per essere deluso: fino ad oggi siamo stati impegnati (con la parentesi della campagna elettorale) in un lungo ed estenuante processo fondativo, nel quale gli accurati dosaggi nella costruzione degli organigrammi e nell’occupazione delle posizioni di responsabilità hanno prevalso sul franco ed aperto confronto politico. In molti casi si è avuto paura di lasciare spazio ad energie nuove, preferendo una conferma di persone fidate ma per nulla propense (per mentalità ed attitudini politiche consolidate) al cambiamento.
Il risultato, fino ad oggi, è quello di un partito che ha avuto scarsa capacità attrattiva nei confronti di cittadini lontani e diffidenti della politica, che si trascina un po’stancamente secondo logiche proprie dei partiti fondatori (soprattutto dei D.S.in ragione della loro forza dominante).
Naturalmente non sono tanto ingenuo da pensare che ci potesse essere un totale rinnovamento del personale politico del P.D.: una continuità andava comunque assicurata ma, di fronte ai passi avanti dei nuovi sarebbe stato auspicabile qualche passo indietro dei veterani (non solo per età).
La carenza di momenti di libero dibattito e confronto politico ha anche fin qui reso difficile quella “mescolanza” tra persone diverse per storia personale e sensibilità ideali, indispensabile per fare sintesi e per costruire un’identità nuova, superando la stagione degli -ex.
Il mio non è un giudizio definitivo e senza appello ma un accorato invito al cambiamento, consapevole della difficoltà e del coraggio che esso comporta.
Per quanto riguarda i rapporti col governo Berlusconi, appassita sul nascere la stagione della collaborazione e del fair play (impossibile col Caimano) credo che il P.D. debba assumere la guida dell’opposizione, in Parlamento e nel paese, denunciando con forza gli strappi istituzionali e le scelte sbagliate del centrodestra (ed apprezzando quanto – poco per ora – sia condivisibile). La scelta di correre da soli (giustificata al momento delle elezioni) deve lasciare il posto ad una politica delle alleanze a sinistra e verso il centro nella quale il P.D., fatta salva la responsabilità primaria, che la sua stessa forza gli assegna, punti ad essere il perno della costruzione di un nuovo centrosinistra di governo, coinvolgendo, oltre all’I.D.V., un U.D.C. oggi irrilevante in seno al Parlamento e le forze della sinistra critica che avranno dimostrato di avere assimilato il duro insegnamento delle elezioni politiche.
Se Veltroni saprà far fare al P.D., entro l’autunno, il cambio di passo necessario al rilancio, la sua leadership ne trarrà conferma e consolidamento. In caso contrario mi pare che la prospettiva di un congresso diventerà obbligata.
Quanto sopra riguarda evidentemente la situazione nazionale del partito. Avremo tempo e modo di commentare la situazione locale, dove siamo (e vogliamo rimanere) maggioranza, ma perché ciò si verifichi, ci sarà da lavorare sodo, nel partito e nella società, secondo i criteri che ho cercato di delineare.

Paolo

inviato il 24/06/2008 11:31:30

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